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LE STORIE NAPOLEONICHE
 

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GLI AMICI DEL MEDAGLIERE 

 

Napoleone I e l’Ora Oltremontana
 

L’abolizione dell’Ora Italica 
dell’Ancien Regime

 

Di Manrico Nocchi
 

Prima parte
 

In Italia  guardando la facciata di alcune chiese, possiamo notare alcuni  casi che generano confusione. Un osservatore attento potrebbe vedere due diversi quadranti di orologio, in genere uno a destra  e uno a sinistra, o in alcuni casi uno sopra  ed uno sotto , dove uno dei quadranti è suddiviso in 12  numeri  romani  e l’altro quadrante  in soli 6 numeri, sempre romani. (fig.1 e fig.2)

 

 

 

 

Figura 1 Ora Italica del Santuario di Loreto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 2 Torre degli Orologi Tolentino (Mc).

 

 

Che cosa indicano?

 

Ambedue sono la misura del tempo, indicano la divisione della giornata, sempre in 24 ore,  ma il primo quadrante,  diviso in dodici,  indica  le dodici ore decorrenti dalla  mezzanotte del giorno precedente, sino al  mezzogiorno  successivo,  per poi continuare a suddividere il tempo  in 12  Ore  sino alla  Mezzanotte. Le ore così indicate vennero dette Ore Oltremontane.

Mentre l’altro quadrante, diviso in  6 Ore, indica la divisione della giornata partendo da mezz’ora dopo il tramonto, l’Ora dell’Ave Maria, sino allo stesso momento del giorno successivo e  compie 4 cicli di 6 ore, segna cioè l’Ora Italica.

Questi sistemi di suddivisione della giornata hanno origini molto antiche.

Dobbiamo risalire agli albori della nostra civiltà, che si sviluppa, complici le migrazioni dalla culla dell’Umanità, l’Africa, verso il Medio Oriente, nel territorio tra i due Fiumi, il Tigri e l’Eufrate, dove le Civiltà inizialmente dei Sumeri e  successivamente dei Babilonesi, grazie alle loro osservazioni astronomiche, fonti di potere per governare i popoli, iniziano a definire l’ora  in  60 minuti ( numero divisibile da molti altri numeri primi) e la giornata in 24 ore, e la durata dell’anno in 365 giorni.

Questo sistema di misurazione del giorno, della sequenza dei mesi e degli anni, passa di mano, con moltissime variazioni e deformazioni alle Civiltà che seguono nei secoli. Gli Egizi calcolavano il tempo  dividendo il giorno in 24 ore, 12 del giorno e 12 per la notte, partendo dal sorgere del sole sino al suo tramonto.  Le loro ore erano però disuguali, più lunghe d’estate e più corte in inverno. Lo stesso accadeva  per i Greci ed i Romani, con l’adozione di ore disuguali in funzione delle stagioni dell’anno. 

Da notare però che  la misura del tempo  non fu una passione per questi popoli, tranne per alcuni personaggi come Giulio Cesare   che nel 46 a.C. promulga il nuovo Calendario, detto appunto Giuliano basato sul ciclo delle stagioni, elaborato dall’astronomo greco Sosigene di Alessandria, che rimarrà  in vigore anche dopo la caduta dell’Impero Romano sino al  1582, quando gli errori insiti nel calcolo degli anni del Calendario Giuliano, arrivarono ad un livello notevole tale da costringere il Papa Gregorio XIII, aiutato dagli astronomi del tempo, a promulgare con la  Bolla Inter gravissimas  del 4 Ottobre 1582   il nuovo ed attuale Calendario detto appunto Gregoriano spostando in avanti la data di tredici giorni  per compensare i ritardi del Calendario Giuliano rispetto al Calendario Astronomico.

Il nuovo Calendario Gregoriano non viene ancora seguito, a tutt’oggi,  in tutti i paesi del Mondo, dove molti festeggiano ancora il Natale il 7 Gennaio come da Calendario Giuliano.

 

Un altro romano con la passione del tempo fu l’Imperatore Augusto, che fece costruire nel 9 a.c.  sul Campo Marzio  il più grande orologio solare   dell’Antichità, installando su una piazza lastricata in travertino a strisce con innesti di bronzo (160x75 m)  un enorme  gnomone  usando un obelisco egiziano alto 22 metri, fatto costruire dal  Faraone Psammetico II (595-589 a.c.) prelevato dalla  città di Hielopolis in Egitto e trasportato a Roma, collocato in posizione  grazie ai  i calcoli del matematico  Facondio Novo e che segnava il tempo e le varie altezze del sole, nel susseguirsi delle stagioni, sulle  strisce bronzee del pavimento della piazza, di cui si sono ritrovate tracce pochi anni fa e che permise la revisione del Calendario Giuliano, mal applicato dal 46 a.c. al 9 a.c.

L’enorme obelisco, (fig.3) crollato per terremoti, venne recuperato nel 18° Secolo da Papa Pio VI e  fu installato in Piazza Montecitorio nel 1794, dove  ancor oggi è presente circondato da una meridiana sul piano stradale, anche se non perfetta dopo il restauro  del 1992.

 

 

 

 

 

Figura 3 Obelisco di Montecitorio.

 

 

Ritornando al nostro calcolo della suddivisione della giornata, il crollo dell’Impero Romano d’Occidente , convenzionalmente stabilito nel 476 d.C.,  spazza via tutte le conoscenze delle meridiane e dei gnomoni; rimangono solo alcune isole di cultura (i Monasteri) in un periodo storico  caratterizzato da invasioni e scontri tra le popolazioni residenti e i nomadi che arrivano dall’Est (Vandali, Ostrogoti, Visigoti, Goti, Unni)  di cui alcuni si insediano in Italia,  altri  in varie regioni d’Europa  poi la discesa in Italia dei Longobardi e poi dei  Franchi.

La misurazione delle ore diventa una necessità, in particolar modo  nei monasteri dove si applica la Regola Benedettina stabilita da San Benedetto nel  530 d.C. nel Monastero di Montecassino, da Lui fondato, dove sotto le parole “Ora et Labora” si stabiliscono precise regole della vita monastica, attribuendo anche una particolare attenzione alle sequenze di preghiera durante tutto l’arco della giornata,  con  la necessità di misurare le Sette Ore Canoniche stabilite dalla Regola di San Benedetto al Capitolo XIV:

1. “Sette volte al giorno ti ho lodato” dice il Profeta; 2.Questo sacro numero  di sette sarà adempiuto da noi, se assolveremo i doveri del nostro servizio alle Lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona, a Vespro e Compieta;3.Perchè proprio di queste ore diurne il profeta ha detto” Sette volte al giorno ti ho lodato”;4.Infatti nelle vigilie notturne lo stesso Profeta dice “Nel mezzo della notte mi alzavo per lodarti”;5.Dunque in queste ore innalziamo Lodi al nostro Creatore   ”per le ore della sua giustizia” cioè alle Lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona a Vespro e a Compieta e ci alziamoci per celebrare la sua grandezza”.

E’ da sottolineare che l’interesse primario dei monaci non era la determinazione esatta dell’ora del giorno, ma l’intervallo preciso tra le ore della giornata, dove alternare le preghiere alle attività.

Per fare questo si usarono meridiane per la parte del giorno, orologi ad acqua (rari e costosi,  necessari di regolazione giornaliera con la meridiana a  mezzogiorno), candele orarie, clessidre a sabbia nelle ore in cui  non c’era la luce solare, con  monaci addetti a queste attività,  sino a quando  negli anni dopo il Mille apparve un meccanismo  marcatempo, detto Svegliarino Monastico, (fig.4) azionato dalla forza di gravità tramite un peso collegato ad una serie di ruote dentate, dove inizialmente il quadrante  diviso in 24 ore ruotava rispetto ad un indice fisso, in quanto accoppiato con l’asse della ruota principale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 4 Svegliarino Monastico.

 

 

Si aveva inoltre una regolazione dello scorrere del tempo tramite la creazione di uno scappamento detto a Foliot. Questo consiste in un volano  o bilanciere fatto a due braccia con due pesi che potevano essere spostati per regolare la rotazione.

Questo volano, ruotando ora in un senso, ora in un altro, permette al suo pernio (verga), provvisto di due camme, di bloccare ad intervalli regolari una ruota a denti di sega, ultima ruota del ruotismo del tempo, detta anche Ruota Caterina, (dal martirio di S. Caterina d’Alessandria). Dopo l’avviamento manuale si innesca un meccanismo a feed-back che, mentre il volano blocca periodicamente la ruota Caterina al fine di far camminare il rotismo  segnando lo scorrere del tempo, i denti della ruota trasmettono al volano la forza per continuare  a muoversi superando gli attriti.

Il quadrante indica le ventiquattrore e ogni ora viene indicata sulla circonferenza esterna, dove esisteva un foro in cui si inseriva il pernio della sveglia. Quando all’ora richiesta il pernio trova l’indice delle ore, si libera un rullo con un peso, che agisce facendo girare una manovella che fa suonare la campana.

 

Una nuova figura è molto importante  nella storia della Orologeria, Gerberto di Aurillac (Alvernia, 940-950 circa- Roma, 12 Maggio 1003) Papa Silvestro II, (fig.5) 139° papa della Chiesa Cattolica, il primo di nazionalità francese, grande studioso  che nella sua turbinosa vita studiò oltre in vari Monasteri, anche nei Regni di Catalogna e di Cordoba della Spagna della Grande Cultura Islamica dell’anno Mille, introducendo in Europa l’uso dell’orologio meccanico e di complicati strumenti astronomici: quadranti solari, astrolabi e nocturlabio, lo gnomone  per la Cattedrale di Reims, dove insegnava, e modelli a sfera dell’universo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 5 Papa Silvestro II.

 

 

Di grande rilievo è il suo Abaco in cui vengono introdotti per la prima volta in Europa  i numeri arabi, lo zero e la posizione della serie dei numeri. Realizzò un orologio meccanico o un astrolabio a Magdeburg in Germania, che verranno distrutti dopo la sua morte perché giudicati opera del Demonio.

Comunque questi elementari meccanismi, visti i continui rapporti tra i Monasteri, autentiche oasi di cultura, si diffondono non solo nei conventi, ma anche nelle città, che iniziano a rinascere dopo la fine dell’incastellamento e della dispersione della popolazione nei territori.

Infatti dopo il Mille inizia un processo di aggregazione delle popolazioni che porta allo sviluppo delle città ed ad un  aumento delle attività  e la conseguente  necessità della misura  del tempo, del giorno e della notte,  con il bisogno di segnali che regolino le attività commerciali, i ritmi di sonno e di sveglia, l’organizzazione delle vita cittadina, (le aperture e chiusure delle porte della città, le adunanze civiche) quindi di orologi udibili da tutta la popolazione.

Da quei semplici meccanismi realizzati  nei conventi deriva un orologio meccanico  di maggiori dimensioni che trova la sua naturale collocazione nei campanili delle chiese o nelle torri civiche in modo da diffondere più ampiamente possibile il suono delle campane e la misura delle ore: sono gli orologi da torre.(fig.6)

 

Figura 6 Orologio da Torre.

Questi orologi sono costituiti da  una struttura a gabbia, che tiene  in posizione  i rotismi ( sistema di ruote dentate ingranate tra di loro, di grandi dimensioni,  attraverso  ruote e pignoni) e i bariletti di carica che hanno come forza motrice la gravità dovuta ai pesi legati alla fine delle corde avvolte sui bariletti. Il tutto è connesso con il movimento attraverso lo scappamento a verga, lo stesso dello svegliarino, che ha il compito di trasmettere il moto e di mantenere il numero delle oscillazioni del bilanciere trasformate dal rotismo  in indicazioni orarie; inoltre è presente  la ruota partitora, una ruota di grandi dimensioni a taglio liscio con alcune tacche ad intervalli diseguali. Allo scoccare delle ore viene attivato un sistema di leve e blocchi   che scorre sulla superficie esterna nella lunghezza proporzionale al numero dei rintocchi, sbloccando la suoneria  sino a trovare una nuova fenditura dove si riattiva il sistema che blocca la suoneria interrompendo i rintocchi.

 Cominciano a diffondersi nelle grandi città europee dopo il 1280 in Inghilterra nelle Cattedrali di Exter, di St. Paul di Londra e di Canterbury, nelle cattedrali di Chartres e di Sens in Francia, mentre in Italia il primo orologio fu installato sul campanile della Chiesa di S. Eustorgio a Milano nel 1309 per poi diffondersi in tutte le grandi città italiane. Questi grandi orologi, che si diffusero progressivamente in tutta Italia, avevano quadranti di dimensioni notevoli di alcuni metri di lato, in molti casi con l’aggiunta di ingranaggi e di rotismi nel meccanismo per la determinazione degli avvenimenti astronomici che venivano  riportati  con  disegni   sul quadrante stesso.

Per quanto riguarda l’indicazione delle ore, il quadrante era diviso in  24 spazi uguali indicanti le ore, contrassegnate  con numeri romani; al passaggio dell’ora , indicata con una sola lancetta, il meccanismo produceva rintocchi di campana in numero uguale all’ora indicata.

Il punto zero dell’inizio della giornata era convenzionalmente fissato al tramonto del giorno precedente per terminare al tramonto del giorno successivo.

In particolar modo è da segnalare l’Orologio interno del Duomo di Firenze, il cui quadrante fu affrescato da Paolo Doni detto Paolo Uccello (1397-1475) (fig.7) realizzato nel 1443   che segna l’ora italica con un meccanismo la cui lancetta ruota in senso antiorario, mentre le lancette con i  meccanismi degli altri grandi orologi del tempo (Brescia, Chioggia, Cremona, Mantova, Padova) ruotano  in senso orario.

 

 

 

 

Figura 7 Orologio di Paolo Uccello.

 

 

Successivamente, nel secolo XV, l’inizio della giornata viene spostato di mezzora dopo il tramonto, facendolo coincidere con l’ora dell’Ave Maria, per permettere ai lavoratori, rientrati alla fine della giornata  di cambiarsi per partecipare alla funzione religiosa.

Questa divisione del giorno viene detta ORA ITALICA, caratteristica del nostro paese di cultura cattolica (viene detta pure ORA BOEMA, diffusa in Boemia, Slesia e Polonia) e che  rimase  per alcuni  secoli solo in Italia in quanto in Europa si diffondono rapidamente i quadranti a 12 ore  con l’inizio convenzionale del giorno alla mezzanotte, rappresentando  quindi quella che fu definita l’ORA OLTREMONTANA, comune a tutta l’Europa, creando  così una  confusione notevole  ai viaggiatori stranieri in Italia.

Una ulteriore complicazione di questi grandi quadranti era legata al numero dei rintocchi necessari in un giorno; infatti suonando ad ogni ora, con il conteggio giornaliero a 24 ore occorrono 300 rintocchi; quindi, anche se la fonte di energia era legata ai pesi, occorreva una ricarica giornaliera da parte del temperatore, cioè della persona addetta al funzionamento ed alla ricarica dell’orologio.

 Già alla fine del XV secolo, si trovò una soluzione, quando un orologiaio di Napoli, Antonio Catalano,  nel 1481 realizzò un orologio con quadrante a 24 ore  che suonava però con cicli di 6 in 6;  quindi pur mantenendo  l’inizio della giornata all’Ave Maria serale, si modificò il meccanismo per utilizzare un quadrante a 6 ore per dividere la giornata in 4 cicli; in questo modo  si hanno solo 84 rintocchi giornalieri con notevole risparmio di  energia.

Abbiamo quindi la nascita di un nuovo sistema di determinazione delle ore della giornata denominato ORA ITALICA

 

Inoltre questo sistema, in un paese di artigiani e contadini, nel pomeriggio permetteva di sapere dai rintocchi quante ore mancavano al tramonto, non avendo nessuno un orologio personale o in negozio. Oltretutto  era più semplice contare i rintocchi  di un meccanismo a 6 ore e quindi  6 rintocchi massimi  rispetto a uno da 12 e addirittura uno a 24 , visto l’analfabetismo diffuso ( siamo nei secoli  XV- XVIII).

Si hanno quindi orologi molto più semplici sempre con una sola lancetta indicante le ore che permette inoltre, visto l’ampio spazio tra i  due  numeri  delle ore e  mancando la lancetta dei minuti, di evidenziare con la semplice osservazione lo scorrere delle frazioni d’ora.(fig.8).

Figura 8 Villa Reale di Marlia (Lu).

 

Fine prima parte


 

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