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LE GRANDI STORIE DEL MEDAGLIERE

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LA FRANCIA RIVOLUZIONARIA DI FRONTE ALLA CRISI DI LIQUIDITA’E LE COMPAGNIE FINANZIARIE PATRIOTTICHE:

IL CASO DELLA CASSA PATRIOTTICA DI PARIGI

 

 

Si sa, il denaro fa girare il mondo e quando scarseggia, l’uomo si ingegna in tutti i modi per ovviare al problema.

La stessa rivoluzione francese, benché resa possibile da un ambiente filosofico e letterario intriso dei principi illuministici di libertà, uguaglianza e fraternità, non sarebbe probabilmente mai scoppiata, se i ministri succedutisi a fianco di Luigi XVI nel corso degli anni ’80 del 1700, fossero riusciti nell’intento di mettere una pezza al deficit mostruoso in cui si trovava il regno di Francia.

Certamente non si può poi pensare che dalla presa della Bastiglia in avanti, tali problemi siano scomparsi: l’economia è una macchina molto lenta ad avviarsi così come a fermarsi e l’estrema gravità della situazione, attanagliò i rappresentanti del popolo per tutto il decennio (gli anni ’90 del secolo) prima del passaggio al Consolato ed all’Impero.

Si susseguirono tante misure spesso in direzioni diametralmente opposte, oscillando fra provvedimenti di natura estremamente liberista voluti dalla parte borghese dei rivoluzionari, a provvedimenti protezionistici o particolarmente dirigistici come quelli del calmiere dei prezzi, posti a tutela delle classi più popolari della società.

In questo contesto così ramificato e complicato, uno dei problemi più sofferti dalla popolazione, fu quello della penuria di moneta circolante.

Le cause erano molteplici ed eterogenee: da un lato la fuga di grande parte della nobiltà timorosa di vedersi confiscare i propri patrimoni, come successo al clero prima e ai cd. “sospetti” poi, comportò necessariamente la scomparsa di molto denaro contante soprattutto nei tagli in metallo prezioso (oro e argento); dall’altro l’immancabile tesaurizzazione del denaro che si verifica puntualmente ogni volta che una comunità è colpita da radicali e profondi sconvolgimenti nel proprio assetto istituzionale.

Non dimentichiamo poi gli effetti dell’inurbamento della popolazione che, pur non raggiungendo i picchi del Regno Unito dove peraltro si verificò nello stesso periodo una crisi finanziaria molto simile, determinò la necessità di una quantità di denaro circolante maggiore per il pagamento dei salari.

Questi e molti altri fattori come per esempio l’assenza nel recente passato di coniazione di moneta, soprattutto di piccolo taglio, portarono alla pressoché totale scomparsa del numerario circolante ed al blocco delle transazioni del commercio minuto per le quali questo tipo di moneta è necessario.

Le città, Parigi in particolar modo, negli ultimi decenni avevano visto ampliarsi enormemente i quartieri popolari abitati da numerose masse di operari e lavoratori giornalieri la cui unica fonte di sostentamento era appunto il salario percepito dai loro datori di lavoro.

All’epoca, tali emolumenti non avevano cadenza mensile ma giornaliera o, al massimo settimanale; di conseguenza, considerando anche il bassissimo costo del lavoro, le cifre che venivano periodicamente erogate ai lavoratori erano davvero piccole. Da qui la necessità di avere a disposizione un flusso costante di denaro di piccolo taglio.

Nella tempesta costituita dagli innumerevoli problemi da cercare di risolvere, l’Assemblea Nazionale non prese in considerazione questo aspetto preferendo portare avanti il progetto d’emissione degli assegnati garantiti dal ricchissimo patrimonio ecclesiastico da poco oggetto di nazionalizzazione.

Nell’aprile del 1790, venne decretata l’emissione di 400 milioni d’assegnati nei tagli da 1000, 300 e 200 livres. Nei mesi successivi si succedettero altre emissioni sempre in tagli medio grandi e comunque non inferiori a 50 livres. Il timore era infatti che la presenza di assegnati di piccolo taglio avrebbe peggiorato il già esistente grave problema della tesaurizzazione del denaro metallico.

Si pensava infatti che anche il popolino, se messo in condizione di utilizzare la cartamoneta anziché quella metallica, si sarebbe comportato come i grandi investitori che avevano sottratto al mercato enormi quantità di moneta metallica sostituita da altrettante montagne di moneta cartacea.

La conseguenza era però che, di fatto, gli imprenditori si trovavano costretti a rivolgersi ai cambiavalute che si approfittavano della situazione imponendo loro alte commissioni il cui onere a loro volta spesso facevano ricadere sulle stesse maestranze riducendo ulteriormente il loro già misero salario.

A questa situazione, si aggiungeva poi una forte disorganizzazione della Zecca che non fu in grado per quasi un anno di dare seguito al tardivo decreto governativo che le ordinava la coniazione di una certa quantità di moneta metallica in argento e rame, di piccolo e piccolissimo taglio.

Giocoforza quindi, gli imprenditori di tutto il regno ed in particolar modo, quelli delle città a maggior vocazione industriale, si dovettero ingegnare attraverso iniziative individuali o associative, a trovare dei palliativi che risolvessero, anche solo in parte tale problema.

La più comune di queste soluzioni fu la creazione di appositi istituti, di natura privata anche se talvolta gestiti dalle stesse amministrazioni locali, chiamate Casse Patriottiche.

Fra di esse, quella che meglio di altee, può essere ritenuta una sorta di paradigma di questi istituti, è la Cassa Patriottica di Parigi i cui amministratori ricevevano, per la loro partecipazione alle sedute del consiglio di amministrazione, un gettone in argento, di cui un esemplare è stato recentemente acquisto dal Museo Medagliere dell’Europa Napoleonica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’atto di fondazione della Cassa Patriottica di Parigi risale al 31 gennaio 1791 allorché un gruppo ristretto di imprenditori parigini guidati da due cittadini ginevrini: Gaudy e Colladon, si presentarono presso lo studio di un notaio per costituire una serie di imprese.

Collegate fra di loro, tali “start up”, si sarebbero dovute occupare di una serie estremamente eterogenea di attività imprenditoriali fra cui anche l’emissione di cartamoneta fiduciaria, affidata appunto alla “Caisse Patriotique de Paris”.

Secondo il suo atto costitutivo, questo istituto si sarebbe dovuto occupare di realizzare dei biglietti infruttiferi al portatore o all’ordine, per importi da un minimo di 100 soldi ad un massimo di 2400 lire, rimborsabili non a scadenza ma alla semplice loro presentazione.

Per la buona riuscita del consorzio di imprese costituite contemporaneamente, i fondatori costituivano un capitale sociale di diciotto milioni di lire composto da 30.000 azioni del valore di 600 lire ciascuna.

L’attività di questo istituto non fu immediata ma si dovette attendere il successivo mese di aprile quando fu iniziata la produzione dei biglietti cartacei in contemporanea con l’inizio di una vera e propria campagna pubblicitaria ruotante intorno alla natura patriottica del progetto, finalizzato proprio a risolvere l’ormai annoso problema della mancanza di moneta di piccolo taglio. I biglietti che infatti la Cassa Patriottica sarebbe andata a stampare e distribuire, avevano un taglio inferiore al più piccolo degli assegnati così da potersi sostituire a quel numerario così carente in tutto il regno ed in particolar modo nella capitale.

Sarebbero stati disponibili infatti i tagli da 5, 10, 20 e 25 lire.

 

 

 

Fine prima parte.

 

 

Alain Borghini

 

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