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LE STORIE NAPOLEONICHE

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CONFERENZA DEL MESE

CONFERENZA, sul restauro della CAPPELLA FUNERARIA DI CAROLINA MURAT BONAPARTE

 1^parte

 

 

Introduzione

L’argomento di cui parleremo oggi, contrariamente a quanto facemmo nella conferenza di settembre, dove trattammo la “grande storia di Massa”, verterà sulla piccola storia di Firenze.
Piccola storia perché non si tratterà delle opere di Michelangelo o degli altri capolavori che fanno ricca la capitale della Toscana, ma di alcuni eventi minori rispetto alla grande e antica storia cittadina, che pure hanno caratterizzato un periodo storico importante non solo per la Regione ma per l’Europa.
Parleremo comunque, tra le altre cose, della presenza della famiglia Bonaparte in Firenze alla caduta dell’impero napoleonico francese, come conseguenza delle deliberazione del congresso di Vienna.
Congresso che decise i confini dell’Europa e per un secolo ne garantì gli equilibri fino a quando la Prima Guerra Mondiale, che esso in gran parte causò, non li riscrisse.
Ora, quando Napoleone cadde a Waterloo, sotto i colpi della settima coalizione, le potenze europee vincitrici riunite nella capitale dell’impero austro-ungarico, decisero per l’esilio di Napoleone a Sant’Elena, ma anche di quello di tutti i componenti della famiglia ristretta dell’Imperatore.  
I “Napoleonidi” furono proscritti ed allontanati per sempre dalla Francia. Essi furono obbligati a scegliersi una residenza in uno dei Paesi coalizzati e costretti a viverci senza più poterla cambiare in mancanza dell’ autorizzazione di una speciale commissione composta dai coalizzati e installata a Vienna proprio per gestire l’applicazione delle delibere congressuali.

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La maggior parte dei fratelli e sorelle di Napoleone scelse, alla fine, di risiedere. 
In Italia, specialmente a Firenze, molti qui morirono, molti vi sono ancora sepolti.
Giuseppe infatti, era ancora in America quando, molti anni prima del suo ritorno in Europa per stabilirsi a Firenze, la sua famiglia vi si stabilì. A Firenze la raggiunsero, Luigi, Girolamo, Carolina e, negli ultimi mesi di sua vita anche Paolina che veniva a riconciliarsi e ricongiungersi con il marito principe Camillo Borghese. In questa città finirono poi la loro vita Giuseppe stesso e la moglie Giulia, Paolina, Carolina e il figlio maggiore di Girolamo. Vi sostarono le salme di Luigi, morto a Livorno e di suo figlio Napoleone Luigi, morto a Forlì (fratello del futuro Napoleone III). E vi riposano ancora quelle di Giulia e di sua figlia Carlotta, spentasi a Sarzana, nonché l’altra, quella di un figlio di Luciano, Antonio. E naturalmente vi riposa la regina Carolina.
Dopo la Francia é dunque Firenze che conserva le spoglie dei Napoleonidi (*).

Solo Letizia, la madre, che si trovava a Roma con la benevola compiacenza di Pio VII presso il fratello Cardinale Fesch quando Napoleone fu sconfitto, non poté raggiungere Firenze. Restò a Roma e vi morì. Non che non avrebbe voluto anche lei trasfersi in Toscana, ma quando lo richiese, sia il Granduca che il nuovo Papa salito al Soglio pontificio dopo Pio VII, Leone XII, ma poi Pio VIII e infine Gregorio XVI, le resero la cosa talmente ardua da scoraggiarla e indurla alla rinuncia definitiva. Furono allora i suoi figli ed i suoi nipoti che spesso la raggiunsero per recarle visita,... sempre seguendo le procedure previste e con lungaggini burocratiche estenuanti. 
Questo va detto per sottolineare quanto il clima di allora non fosse favorevole a nessuno dei Bonaparte esiliati.
Verso Carolina, lo stato arciducale, ma nemmeno Gregorio XVI, furono certo più generosi e in ciò si trova la ragione della sua attuale sepoltura della chiesa di Ognissanti a Firenze. 


(*) I Bonaparte a Firenze e in Toscana. 
a)    Elisa, da Firenze a Trieste (1814), muore a Villa Vicentina in territorio austriaco, 
 nel 1820.
b)     Paolina a Roma, a Firenze dal 1825, vi muore nel 1825.
c)   Carolina in Austria, a Firenze dal 1831, vi muore nel 1839.
d)   Giuseppe negli USA, a Firenze dal 1840, vi muore ne 1844.
e)   Luciano alla caduta di Napoleone è nominato Principe di Canino da Pio VII nel 1814, 
      comunque proscritto dai Borboni nel 1815 rimane a Canino, ben voluto anche 
      Leone XII e da Gregorio XVI, muore a Viterbo nel 1840 ed è sepolto a Canino.
f)   Luigi a Firenze dal 1828, muore a Livorno nel 1846.
g)   Girolamo a Firenze nel 1840. Egli fu il solo che sopravvisse all’esilio, torna in patria 
      nel 1848 col l’elezione a Presidente della Repubblica del nipote Luigi Napoleone
      (futuro Napoleone III), muore in Francia nel 1860.

 

Carolina e Gioacchino Murat

Maria Annunziata Bonaparte è nata ad Ajaccio (Corsica) il 25 marzo 1782, festa dell'Annunciazione. Ultima figlia, dopo Elisa e Paolina, di Carlo Bonaparte e Letizia Ramolino, ricevette una formazione elementare assai approssimativa. Nel 1793, all'età di undici anni, dovette fuggire con la madre e i suoi fratelli dalla Corsica verso il continente, dove la famiglia poté vivere solo con l'aiuto di Giuseppe e Napoleone, i figli più anziani. In continente, il suo nome fu francesizzato in Carolina, nel 1794. E’ al castello di Monbello, vicino a Milano, durante la prima campagna d’Italia (1796), che il fratello Napoleone, allora Generale e comandante in capo dell’Armata d’Italia, la introdusse in “società”.


                                                                       

                                                                 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Generale Bonaparte nel 1796.


In quell’occasione, incontrò per la prima volta il generale Gioacchino Murat e, per entrambi, fu il colpo di fulmine. Tornati a Parigi, Bonaparte per rimediare alla sua mancanza d’istruzione, la inviò nel collegio di Madame Campan, ex dama di compagnia di Maria Antonietta, dove già si trovava Ortensia di Beauharnais, figlia di Giuseppina, che divenne la sua compagna inseparabile. Ma il focoso Murat, dopo aver propiziato con la sua audacia, il colpo di stato che impose il Consolato, il 18 brumaio dell'anno VII (9 Novembre 1799), cercò persino di portarla via di forza dal collegio. Per madame Campan fu uno scandalo, ma i due amanti appena due mesi dopo si sposarono: era il 18 gennaiao1800. Quando il Senato della repubblica proclamò l’Impero, nel maggio del 1804. 


                                                                    
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Napoleone Imperatore nel 1804.


Carolina divenne principessa imperiale. Nel 1806 divenne granduchessa di Cleves e Berg e nel luglio 1808, Regina di Napoli. 
Come Regina, s’interessò all’arte e agli scavi di Pompei ed Ercolano, ma, con altrettanta passione, si occupò con grande abilità di politica, tanto che Talleyrand disse di lei: "… ha una  testa di Cromwell sul corpo di una bella donna ". Sulle questioni di Stato mantennero punti di vista diversi soprattutto sui rapporti tra il Regno di Napoli e l'Impero.  Murat era spinto dal principio di sovranità delle nazioni e cercava di favorire l'indipendenza della penisola, Caroline ne era meno favorevole. Questa fu la vera causa dei loro pochi dissidi. La coppia si mantenne comunque unità e la presenza dei loro quattro amatissimi figli contribuì a cementare l’unione per sempre.


                                                                      

                                             

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La regina Caroline e i suoi figli (1782-1839), di Gérard.

 

Così che, nel 1814, " l’annus horribilis ", alla caduta di Napoleone, Carolina  in accordo con il marito, ricercò e propiziò  l'alleanza con l'Austria: unico modo per salvare il loro trono. 
Quando Napoleone fuggì dall’Elba, Carolina e Murat cercarono di riavvicinarsi all’Impero risorto, ma già nel 1815, Napoleone sconfitto a Waterloo, fu la fine.
Il " Proclama di Rimini" non fu sufficiente per riaccendere la fiamma nazionale dell'Indipendenza Italiana e il re Murat cadde sotto il fuoco del plotone di esecuzione dei Borboni, a Pizzo Calabro, il 13 ottobre 1815.  
Per la regina Carolina si aprirono le porte dell’esilio in terra d’Austria.
Accompagnata dai suoi bambini, sotto lo pseudonimo di Contessa di Lipona (anagramma di Napoli) fu dapprima a Frohsdorf, poi a Trieste e infine nel 1832 a Firenze, presso il fratello Luigi.
I figli partiti, Luciano e Achille negli Stati Uniti d'America, Letizia a Bologna sposata al conte Pepoli e Luisa a Ravenna sposata con il conte Rasponi, visse nella " Casa d’Annalena ", allora palazzo Macdonald, vicino a Palazzo Pitti in attesa che i lavori di trasformazione del suo palazzo al n° 3358 della " via Borgo Ognissanti " fossero completati.

                                                     

 

 

 

 

 

Il palazzo di Carolina, ex Grifoni, al numero civico 13-15, ex 3358-59, di via Borgo Ognissanti.

 

E’ solo nel 1835, come attesta il libro delle anime della chiesa di Ognissanti, che Carolina prende possesso della sua nuova residenza nella parrocchia . 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Libro delle “anime” del 1835 della chiesa di San Salvatore d’Ognissanti, in via Borgo Ognissanti
a Firenze.


Vi e 'morta alle ore 11.00 del mattino del 18 maggio, 1839.

 

 

 

Storia della Cappella


                                 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carolina  Bonaparte (1782-1839), vedova di Gioacchino Murat.


Quando la regina Carolina morì, il 18 maggio 1839 nel suo palazzo in Borgo Ognissanti a Firenze, i Bonaparte erano tutti proscritti. Il suo corpo fu portato alla “chetichella” nella chiesa di Ognissanti, a pochi passi da casa sua, e per volontà del "Buon Governo ", l’allora polizia segreta dell’Arciducato, fu custodito nella semplice. 
" retrostanza " dietro la cappella Botticelli, nascosto alla vista dei fedeli . 
Laetitia Murat Pepoli, la figlia maggiore, espresse la volontà che le fosse sepolta vicino, nella sua Bologna che, all’epoca si trovava negli Stati Pontifici e, in attesa dell’autorizzazione del Papa, accettò persino di pagare l'affitto ai monaci, 12 “francesconi” (340 Euro) il mese, perché ne custodissero, convenientemente, le bara. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il contratto di “Guardianaggio” firmato dal curato di Ognissanti, padre Bonaventura Nesti,
il 24 Luglio  1839.


Due anni più tardi, nel 1841, Papa Gregorio XVI non aveva ancora deciso, quindi, con decreto arciducale fu imposta la sepoltura "temporanea " del corpo là dove si trovava. Nessun segno evidente di questa sepoltura fu consentito. 
Solo un piccolo tubo di piombo, posto al momento della chiusura della bara tra il braccio sinistro e il busto e contenente un documento attestante la sua identità, sarebbe stato l’unica prova che si era effettivamente alla presenza del suo corpo. . Trent'anni dopo, mentre un Bonaparte era di nuovo acclamato alla testa dell’Impero francese, Anna Murat, duchessa di Mouchy, face fare nel 1869 l’attuale cripta al posto del semplice locale precedente che, nel frattempo, era diventato la tomba definitiva della regina.

Nel 1924, il 5 ° Principe Murat e sua moglie Cécile Ney Elchingen, commissionarono un primo importante restauro del sito. 
Nel 2016, quasi un secolo dopo, un restauro ancora  più esteso, che prevede tra l'altro il ripristino dell’antico e seicentesco accesso alla “retrostanza” attraverso il corridoio posteriore, è stato fortemente voluto sull’iniziativa del Principe Pierre Murat, dall’8° Principe Murat, da tutta la famiglia e da molti donatori. 

 


La ricerca del corpo.

Come detto, le autorità di polizia del 1841 (“Il buon Governo”) disposero che quella bara col il corpo di una Bonaparte, lasciata fuori terra fin dal 1839, non potesse più rimanere insepolta, per il rischio che essa rappresentava in un momento in cui l’ordine sociale era fortemente in pericolo per il diffondersi di idee “sovversive” facenti riferimento proprio a Bonaparte. La bara fu allora interrata, come prescritto, senza nessun segno apparente visibile.
Al momento della costruzione della cappella (1869), non si sapeva quindi dove il corpo si trovasse esattamente in quel locale. Durante l’attuale restauro la domanda di dove il corpo fosse realmente collocato si pose di nuovo.
L’attenzione posta a una discontinuità del pavimento in prossimità dell’altare, compatibile con una sepoltura, ha indotto a pensare che questo potesse essere il punto esatto della sepoltura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                

  
                

 

 

 

Un tappeto nascondeva un’apertura nel pavimento.

Questo apertura sotto l’altare nascosta da un modesto tappeto, infatti, non aveva spiegazioni ragionevoli.
Se ciò fosse stato provato, la lapide commemorativa dalla dicitura “ICI REPOSE LE CORPS..”, posta maestosamente sulla parete di destra, perdeva di reale significato. 
Si è così deciso, prima di dare inizio ai lavori, di approfondire questo aspetto e di verificare 
questa ipotesi.
 Si sono quindi analizzati i documenti d’epoca che la famiglia Murat ha messo gentilmente a disposizione e, tra questi, i due verbali di autopsia ed inumazione del 1839 et del 1841 si sono rivelati particolarmente utili.

                                            
 

 

Verbali d’inumazione del 1839 e 1841.

Va detto che la presenza di due processi verbali, a due anni di distanza, è dovuta al fatto che alla morte della regina nel ’39, la figlia Letizia, sposata a Bologna con il conte Pepoli, avrebbe voluto che la madre fosse sepolta in Bologna che a quell’epoca si trovava nello Stato Pontificio e a questo scopo aveva inoltrata la dovuta domanda di autorizzazione.
Il corpo fu portato, due giorni dopo la morte, il 20.5.1839, alla luce delle torce e sotto lo stretto controllo delle guardie e dei commissari del “Buon Governo” nel locale vuoto retrostante la cappella detta del Botticelli nella vicinissima chiesa di Ognissanti, a pochi metri dal palazzo di Carolina, (L’ex palazzo Grifoni, all’odierno numero civico 13-15 di Via Borgo Ognissanti, a quel tempo il N. 3358).
Le autorità prescrivevano infatti che, come per la nipote Charlotte, figlia di Giuseppe, morta alcuni mesi prima: “...le esumazioni ed inumazioni (Ndr.: dei Napoleonidi) siano effettuate nei modi prescritti dagli ordini veglianti, siano eseguite in tempo di notte e senza alcuna pompa o apparato funebre, siano osservate le altre cautele di stile”. 
E così si fece.
Il corpo dopo l’autopsia fu sistemato in una cassa di piombo ermeticamente chiusa deposta in una seconda cassa di legno, su un catafalco basso. E lì fu lasciato in attesa dell’autorizzazione papale al trasporto in Bologna.
La famiglia accettò di pagare una pigione (canone di affitto) di 12 “Francesconi” mensili (circa 340 Euro di oggi) ai monaci di Ognissanti per l’affitto del locale e la custodia della bara.
Solo nel 1841, costatando che l’autorizzazione tardava a venire, furono date disposizioni precise perché la bara fosse “interrata temporaneamente sul posto” e ciò fu fatto. Naturalmente, con un documento notarile ancora leggibile, il contratto di “locazione del locale” fu revocato e i pagamenti mensili interrotti.
Dai preziosi scritti si é appreso, tra le altre informazioni, delle reali cause della morte della Regina. Carolina morì per un cancro gastro-duodenale e gravi aderenze epatiche, molto simili peraltro alle cause attribuite alla morte del fratello Napoleone. 
Ma il nostro interesse è stato rivolto soprattutto alle informazioni relative alle modalità ed al luogo di sepoltura.
Si è appreso allora come la salma fu composta nella bara e che questa fu “interrata” per ordine delle autorità sanitarie, e anche che”…dopo che ciò fu fatto, il pavimento fu richiuso..”. 
Questa affermazione dimostra che la bara non fu sistemata nel muro sotto la sua lapide e che il marmo commemorativo con la scritta: “ICI REPOSE LE CORPS...” non è rappresentativo della realtà.
Il sarcofago della Regina fu interrato infatti sotto il pavimento del locale, protetto da una volta di mattoni e non vi fu posto nessun segno di identificazione. Quando nel 1869, regnante Napoleone III, il locale dietro la cappella di Botticelli dove riposava Carolina, fu restaurato completamente per volontà del IV principe Murat, un pavimento di marmo nero e bianco di Carrara, alla moda dell’epoca vi fu posto, cancellando così ogni residua traccia del punto esatto dell’interramento.
Quella grande lapide posta sulla parete di destra, tuttavia, non mancò di generare anche qualche malintesa speranza.
Una voce di popolo dice infatti che durante certi lavori di manutenzione straordinari condotti negli anni 90 del XX secolo, convinti che il corpo fosse conservato nel muro dietro la lapide e a conoscenza del testo di Roberto Razzòli O.M. del 1898 sulla chiesa di Ognissanti, che riporta testualmente questa descrizione: “..Intesi da persona degnissima ed estranea al fatto, che Ella riposa nel suo sepolcro in un letto di cuscini vestita tutta di raso bianco, con diadema in capo, preziosi anelli nelle dita e collana di gran valsente al collo..”,  si cercasse di mettere le mani su quelle preziose reliquie. 
Si racconta infatti che fossero praticati fori di sondaggio e che si ruppe in più punti la parete dall’esterno, nella cappella del “Sacro Cuore”.  Il tesoro non fu trovato e le ricerche si interruppero lì, dopo aver lasciato tuttavia non pochi danni ai decori murali e alle pitture che ancora oggi si possono vedere. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


  
                             

 

Cappella del S. Cuore, parete esterna al lato della  crypta di Carolina.

La conferma che il corpo della regina si trova sepolto sotto il pavimento, nonché la sua posizione esatta, si è avuta soltanto a seguito dell’indagine condotta da tecnici specializzati a mezzo di ricerca con Georadar.
Il radar ha identificato infatti una zona di terra “smossa” fino ad 1.30 mt di profondità là dove forse è esistita un’antica sepoltura sotto l’altare (in verde) e la presenza di un manufatto cementizio nel terreno a 1,3 metri di profondità, di dimensioni e forma compatibili con quelle di un sepolcro (in viola).

 


                                                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Analisi “Georadar”: Vista in pianta della mappa dei reperti nel sottosuolo del pavimento della Cripta.
La zona evidenziata con il colore viola, è quella corrispondente alla sepoltura.


Conclusione questa, in accordo anche con quanto sempre il Razzòli scriveva nel 1898:
“…E’ (l’infelice Regina) sepolta nel piano della Cappellina sotto una volta di mattoni ed in triplice cassa cioè di piombo, di abete e di macolane con tutti i segni della real dignità…”
Dove una sepoltura, protetta “sotto una volta di mattoni”, è chiaramente indicata.                                       In corrispondenza di questa posizione sul pavimento, si è deciso, nell’ambito del restauro, di posare una targa marmorea con la dicitura latina “Hic Iacet”, a memoria della punto esatto del ritrovamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                      
 

 

 

La targa in marmo di Carrara per indicare il luogo esatto della sepoltura.

 

Il barone Francesco Macdonald.


L’ indagine al Georadar ci ha permesso anche di accertare che la sepoltura della Regina è l’unica presente nel sito.                                       
Una credenza assai diffusa nel borgo Ognissanti voleva che anche il corpo del Generale Barone Francesco Macdonald fosse sepolto accanto a quello di Carolina nella cripta.
Va ricordato infatti che allora, a Firenze, si pensava che la regina avesse sposato morganaticamente il Macdonald già nel 1817 e che con lui fosse rientrata in città per scontarvi un esilio meno duro. A Firenze sarebbero vissuti dapprima, nel palazzo che Macdonal aveva acquistato 1820 sulla via Romana, il palazzo detto “la casa di Annalena”,

 

   

 

 

 

 

 

 

Il Palazzo detto “Casa di Annalena”.


poi in Ognissanti, a partire dal 1834. 
Ciò è provato anche dalla lettura del “registro delle Anime di Ognissanti”, negli anni dal 1834 al 1837, che chiaramente indica la presenza di S.E. il Barone Francesco Macdonald tra i famigli della contessa di Lipona, al numero civico N.3358 di via Borgo Ognissanti.

Macdonald morì nell’agosto del 1837, quando Carolina si trovava a Parigi dove fu raggiunta dalla ferale notizia. 
Malgrado che questo matrimonio, che sarebbe stato celebrato in territorio austriaco, non sia dimostrabile da documenti certi, il Barone, in città, fu sempre visto come il marito della contessa di Lipona (Carolina), tanto da far credere che fosse stato sepolto nello stesso luogo.
Oggi si sa per certo, come dimostrato da geo-radar, che il corpo del generale non si trova nella Cappella Murat in Ognissanti.
La conferma di ciò si è avuta anche da quanto riportato nel “libro dei Morti di Ognissanti”,  alle pagine del 1837”, depositato presso gli  Archivi Diocesani di Firenze, in cui è riportata la “registrazione di morte del barone Francesco Maldonald (il cui nome anche ad un'attenta lettura sembra storpiato) avvenuta in data 19 agosto 1837 alle ore 3 della mattina e sepolto nei Chiostri di Santo Spirito”.


 
                  
                                                 

 

 

 

 

 

Il chiostro della chiesa del S. Spirito.

 

I restauri del 2016.

In occasione del bicentenario della morte di Re Giocchino Murat (Pizzo Calabro, 13.10.1815), la Crypta, nella chiesa di Ognissanti a Firenze, dove giace il corpo di sua moglie Carolina la più giovane (1783) delle sorelle di Napoleone, è stata l’oggetto, infatti, di un importante progetto di restauro, resosi necessario dal cattivo stato di manutenzione del prezioso sito.
Ecco infatti, come già in un testo datato 1961 “ I Bonaparte a Firenze”, Andrea Corsini descriveva la Crypta.
“..come circa due anni avanti il generale Francesco Macdonald, anche Madama Murat chiudeva gli occhi nel suo palazzo di Borgo Ognissanti. Morì infatti alle ore 11 di mattina del 18 maggio 1839, all’età di 56 anni, per una malattia imprecisata, ma che taluno ha detto derivasse da tumore maligno.


 


             

 

 

 

 

 

 

 

 

Certificato di morte di Carolina.

La sua salma non ebbe da fare che un breve tragitto per giungere alla tomba, perché bastò che fosse trasportata attraverso la strada per essere accolta nella chiesa d’Qgnissanti ove tuttora riposa. Una piccola porta a muro, in fondo al transetto di destra, dà accesso ad una piccola cappellina illuminata da un lucernario aperto nel soffitto. Alla destra di chi guarda l’altare, che è in marmo bianco come la balaustra, si vede sopra la parete una grande lapide di marmo sormontata dallo stemma con corona reale. Che quello sia il luogo di sepoltura della sorella di Napoleone, lo attestano queste parole scolpite sulla lapide stessa:

“QUI RIPOSA IL CORPO DI CAROLINA MARIA ANNUNZIATA BONAPARTE NATA IL 25 MARS 1783, SPOSA IL 20 GENNAIO 1800 A NAPOLEON GIOACCHINO MURAT, RE DELLE DUE SICILIE. MORTA A FIRENZE IL 18 MAGGIO1839…

…Non tutti sanno attualmente che nella chiesa di Ognissanti riposa Carolina Bonaparte ed anche i suoi discendenti, forse dal 1924 in poi, non vi hanno messo più piede perché su quel sepolcro regna adesso (ndr.:1961) un senso di abbandono..”

Il Corsini conclude con un laconico, ma significativo:
“...Sic transit gloria mundi…”


Il tempo di intervenire era ormai arrivato. 

E così che il coordinamento del progetto per l’esecuzione dei lavori di restauro mi é stato affidato dal principe Pierre Murat, mandatario per la Famiglia, ed che io ho proposto per la Direzione dei Lavori l’Architetto Piero Lazzeroni dell’ordine degli architetti di Pisa.
Questi a sua volta ha selezionato e proposto le ditte più idonee all’esecuzione materiale degli interventi sulla base di una accurata analisi delle esperienze e dei preventivi proposti.
I restauri artistici delle pareti affrescate e dipinte, sono state affidati alla restauratrice Dr.ssa Michela Potestà, accreditata presso la Sovraintendenza delle Belle Arti di Pisa.

Il progetto di restauro prevede dunque:

a) Parte esterna (tetto)

- Sostituzione delle tegole rotte.
- Pulizia delle grondaie.
- Ripresa dei giunti intorno al perimetro del tetto con malta tipo "Mapelastic" o simili.
- Riparazione di murature dalle parte superiore del tamburo di supporto della finestra.
- Applicazione all'esterno del tamburo nella sua parte inferiore aderente al tetto, di una
   pellicola di vernice impermeabile per aumentarne la tenuta.

                                         
                                                       

 

 

 

 

 

L’architetto Lazzeroni ispeziona il tetto.


                                                                       
                                                                     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lucernaio da restaurare.


  
 

 

 

 

L’interno del lucernaio da restaurare.


b) Parti interne

- Ricostituire la decorazione pittorica della volta.

                                                                 
 

 

 

 

 

 

L’altare prima del lavoro.


-    Integrazione degli stucchi mancanti.
-    Reintegrazione delle parti pittoriche mancanti.


                                                                   
 

 

 

 

 

Vista d’insieme prima dei lavori.


                                                                
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte del soffitto é crollato.


-    Integrazione a soffitto della parte mancante di gesso decorato.
-    Pulizia dai depositi superficiali dei marmi posti all'interno della cripta (balaustrata, tre lapidi poste nelle pareti laterali della cripta, un altare).
-    Riparazione della colonna di marmo della balaustra con riposizionamento degli elementi staccati.

                                                                     
 

 

 

 

La balaustra rotta.


- restauro delle parti pittoriche di gesso decorato danneggiate da infiltrazioni d'acqua.

                                                                                 
                                                                         

 

 

 

 

 

 

 

Dipinti perduti volte.

                                                                         
                                                                   

 

I danni causati da umidità.

 

 

 

 Continua...

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